
La magia del Natale, a volte i tetti si coprono di neve, a volte di Pantsir.
Salto nello spazio-tempo, culmine della guerra fredda.
Diciamolo senza tanti preamboli: ad un certo punto, vuoi le spie, vuoi le bustarelle(quelle non hanno barriere linguistiche o culturali dal pleistocene in poi)..insomma, i russi conoscevano per filo e per segno tutta la lista degli ICBM americani con i relativi obiettivi per ogni ICBM. Tutta. Con i relativi enormi vantaggi bellici.
Passa qualche anno, manutenzione ai silo ICBM americani, tutto nella regola.
Passa qualche altro anno ancora e qualcuno ammette: “ehh durante la manutenzione abbiamo resettato i sistemi di lancio, e i codici sono rimasti una bella fila di zeri per un bel po’ di anni”. Come usare la password 123456 dopo averla letta su aranzulla, ma spendendo molti miliardi in più.
Arriva il 2023, continua l’emorragia di armi e uomini in Ucraina, e continua l’arroganza atlantica. In una mossa tanto silenziosa quanto portatrice di inclusività da far pensare ad una mossa di scacchi, nel centro di Mosca si sono viste delle bellissime gru gialle da cantiere alzare delle unità Pantsir sulla cima di diversi edifici governativi. Il blocco atlantico non fa nessuna mossa simmetrica ovviamente, forte della sua superiorità sancita e timbrata da se stesso.
La mente torna subito a quell’episodio della guerra fredda che avrebbe potuto portare all’analogo del cappotto nel calciobalilla: una parte rifila dieci punti all’altra che non ne ha segnato nemmeno uno, e deve poi sottoporsi al rito della pubblica gogna passando sotto al calcetto. Un cappotto nucleare che è la fine di chiunque si senta troppo sicuro dei propri mezzi.
Non ripeteremo qui la lista interminabile di armi e di sistemi antimissile forniti dal blocco atlantico fino ad oggi. Ci limitiamo a constatare che il trucchetto da venditore di pentole “la prossima arma [inserire qui un nome dal suono tattico] è quella buona, anzi, così buona che quasi quasi siamo incerti se fornirla o no ehh!” s’è ripetuto alla nausea senza alcun risultato. Sulla base di questa comprovata superiorità, continuiamo a minacciare e a non prendere contromisure, nessun “Pantsir occidentale” sul tetto, che poi l’influencer si spaventa e non dorme. Non si possono fare brutte figure, tanto la nostra nave è inaffondabile.
Salto nello spazio-tempo, Belfast, dicembre 1910.
Un rappresentante della White Star Line passa a controllare il cantiere della Harland and Wolff, lo scafo del Titanic ormai è quasi completato. Tra i rumori assordanti dei ribattini e le urla dell’ennesimo poveretto che aveva appena perso la gamba nel cantiere, chiede informazioni sullo stato dei lavori e sulla qualità dell’acciaio. Viene subito rassicurato dal capo cantiere: l’acciaio è ottimo e tutto viene fatto a regola d’arte, con quello che sta pagando la White Star è il minimo, ci mancherebbe. Lord Pirrie, che ha un piede nella direzione dell’appaltante e uno pure in quella dell’appaltatore, annuisce vigorosamente. Francis Carruthers, del Dipartimento del Commercio e dell’Industria, con un fazzoletto sulla bocca per coprire i miasmi sulfurei delle fonderie a cielo aperto e facendo finta di non vedere il poveretto che viene portato via senza una gamba, si congratula con tutti per il lavoro svolto a regola d’arte. I dubbi del rappresentante vengono così liquidati e si va tutti a provare il menù del futuro ristorante di bordo à la carte.
Nessuno disse al rappresentante che quell’acciaio non era proprio il massimo nemmeno per l’epoca[1].
Nessuno gli disse che aveva grani troppo grossi.
Nessuno gli disse che aveva una temperatura di transizione duttile fragile che andava da 32 a 56°C, che in caso d’urto in acque fredde significava zero duttilità e squarci maggiori del normale.
Poi, quando il 2 aprile parte delle 6500 tonnellate di carbone presero fuoco, nessuno si sognò di avvisare che quell’incendio aveva ricotto parte dello scafo, probabilmente peggiorando la situazione. Inutile tirare a secco la nave, non ci saranno problemi, noi siamo superiori.
Quando i bollettini meteo dettero diversi iceberg nessuno cambiò rotta e nessuno rallentò.
Abbiamo dato un sacco di soldi al nostro contractor e siamo belli, dunque siamo assolutamente a posto, tanto la nostra nave è inaffondabile[2].
Ecco, se stare “dalla parte giusta” significa fare bene l’acciaio solo sulla carta, non correggere nulla e andare sparati a 25 nodi verso gli iceberg…allora io preferisco stare dalla parte di chi si fa l’acciaio buono senza chiamarsi contractor, di chi nel dubbio, nel gelido tepore delle feste si mette un Pantsir sul tetto, in caso serva.
E voi, prima di addormentarvi, vi chiedete se avete l’acciaio buono e qualcosa a proteggervi sopra il vostro tetto?
[1] https://www.tms.org/pubs/journals/jom/9801/felkins-9801.html
[2] https://www.youtube.com/watch?v=-05Rt-NLOg8