A volte abbiamo in mente una soluzione ideale, perfetta, assoluta. Il teorema del cuscinetto ci ricorda che spesso bisognerà accontentarsi di una soluzione tra quelle già disponibili.
Prendiamo un ingegnere che abbia quasi completato la sua macchina e che ora cerchi un cuscinetto. Secondo i suoi calcoli il cuscinetto dovrà avere un diametro interno pari a 53,23621mm, un diametro esterno pari a 78,95332mm, e tollerare una spinta assiale di 523,017N. Ma appena si calcola il preventivo della macchina, l’ingegnere viene severamente redarguito: nessuna ditta può permettersi di farsi in casa dei cuscinetti ad hoc, al massimo potrà farlo la Nasa per andare sulla luna. Il componente che pareva il culmine di un’ottimizzazione meccanica esatta, in realtà si è rivelato un disastro dal punto di vista dell’ottimizzazione generale.
L’ingegnere rinuncia quindi alle sue mire di perfezione ed è costretto ad aprire il catalogo del fornitore abituale della ditta. Lì trova:
- Cuscinetto 531, Dint=50mm, Dest=65,42mm, Fa=440N
- Cuscinetto 532, Dint=55mm, Dest=75,28mm, Fa=504N
- Cuscinetto 533, Dint=55mm, Dest=82,10mm, Fa=780N
E con riluttanza sceglie il 533, più massiccio di quanto gli serva idealmente, ma anche l’unico tra quelli acquistabili che regga agli sforzi richiesti.
A onor del vero, ci sono casi(SR-71, Apollo, Shuttle..) in cui il fine particolarmente elevato ha giustificato il componente ideale, “violando” ripetutamente il teorema del cuscinetto all’interno dello stesso progetto, ma sono casi assai rari e il risultato giustifica la violazione.
Oltretutto, adottare in toto il modus operandi “facciamoci ogni bullone” è molto più inquadrabile ed economicamente sostenibile di un progetto standard con un singolo componente limato da elfi nelle notti di luna piena.
Il teorema prende il nome da una parte notoriamente antieconomica da prodursi in casa, ma si applica ad ogni oggetto e anche ad ogni scelta. Si è parlato qui della mancanza di opzioni, e il teorema del cuscinetto affronta questa realtà, accettandola e rendendola accettabile per andare oltre, senza rimanere cristallizzati nell’inseguimento di una perfezione che non sempre è saggio ottenere.
I giapponesi hanno un concetto simile -ma molto più poetico- detto “wabi sabi”, ossia la bellezza e la contemplazione della naturale imperfezione delle cose.